"Nehmen Sie Platz"

(Prego si Accomodi)

UOVODISTRUZZO CONTEMPORARY ART CENTER TROVASTA PIEVE DI TECO (IM)

ARTISTI

ALVAR AALTO     FRANCO ALBINI     CARLO BUGATTI     GIANNI CARUSO

MARIO CEROLI   GIACOMO COMETTI    ALESSIO FACCIO GOFAS

SERGIO FRATTAROLA   ARNE JAOCOBSEN   MARGHERITA LEVO ROSENBERG

AMANDINE NABARRA PIOMELLI     GIUSEPPE PAGANO  POGATSCHNIG     GIO' PONTI

Testo di Elisabetta Rota

NEHMEN SIE PLATZ! PREGO SI ACCOMODI!

 La sedia è un oggetto della nostra quotidianità che abitualmente consideriamo tanto scontato e abituale da ignorarne quasi la presenza e la valenza semantica, ci limitiamo ad ammirarne la bellezza, qualora si tratti di oggetti di design o di antiquariato e, per il resto, la usiamo con noncuranza, dimenticando che la seduta con schienale ha una storia complessa e articolata, con un peso storico e una connotazione diversa da altri oggetti d'uso comune, come ad esempio un vaso. Un vaso, pur con le debite differenze di materiali e pregio, è sempre stato, da millenni, un oggetto d'uso, la sedia invece, per quanto possa sembrare strano, ha una storia piuttosto recente come elemento d'arredo corrente: per mangiare, conversare, rilassarsi si usavano panche, sgabelli o letti, la sedia era invece un simbolo di potere, riservata alle autorità temporali e religiose e inizia a comparire nell'arredo borghese solo nel Rinascimento, segno tra i tanti di quella lenta rivoluzione che sposterà la bilancia del potere dalla parte del capitale mercantile e della produttività. Il trono dei re e dei papi diventa appannaggio del mercante e del banchiere e incomincia a entrare nelle case, sempre connotata però come simbolo di prosperità; ancora nell'ottocento in molte famiglie contadine esisteva un'unica sedia, riservata al patriarca, mentre, nelle dimore borghesi, la presenza di parecchie sedie sottintendeva la capacità economica della famiglia di ricevere numerosi invitati, reiterando il rito mondano che sanciva il prestigio sociale dei ceti emergenti, il rito del “prego si accomodi”, presto imitato e diffuso a macchia d'olio fino a diventare comune in tutte le classi....come le sedie.  Nel Novecento la sedia è ormai un oggetto di uso corrente ed è compito del design rinnovarla e riattualizzarla, sganciandola dagli schemi stantii e imitativi in cui è costretta e il soggetto,  per la sua semplicità di base, si presta perfettamente alle interpretazioni più ardite e sperimentali, a partire dall'uso di materiali nuovi e tecnologici fino allo studio di nuove ergonomie che vedono nascere oggetti straordinari, alcuni dei quali si potranno ammirare in questa mostra nella versione originale e non restaurata; una scelta filologica ma anche concettuale, che privilegia l'oggetto realizzato piuttosto che il progetto, dando valenza museale a ciò che era nato per essere usato: in fondo anche la produzione seriale può avere un'aura perché è la contestualizzazione di un oggetto a connotarlo dinnanzi al fruitore, come aveva ben capito Duchamp.   Alle sedie d'autore presentate come opere d'arte la mostra associa poi alcune opere d'arte giocate sul tema della sedia, dalla sedia d'artista inutilizzabile, ironica e frusciante di Margherita Levo Rosenberg alla sedia destrutturata e ricostruita in simulacro di albero di Alessio Faccio Gofas, all'opera di Gianni Caruso che sintetizza rigore modernista e concettualità con un titolo dal sapore mitologico, alle foto di Amandine Nabarra Piomelli si snoda un percorso creativo e originale che vede gli artisti cimentarsi in libertà e divertimento con il tema, fino ad approdare alla straordinaria seduta di Mario Ceroli che è il vero trait d'union tra i due ambiti della mostra: è un mobile e una scultura insieme, ma dell'elemento d'arredo ha solo la forma e la potenzialità funzionale, l'aura indiscutibile che la circonda la sposta tutta dalla parte dell'arte e basta, è un'opera di Ceroli non una sedia d'artista e il suo aspetto rimanda senza dubbio al trono dei sacerdoti e dei re da cui l'umile sedia ha avuto origine.                           Signori accomodatevi, il ricevimento sta per iniziare......

 Elisabetta Rota 


Quest'opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 3.0 Unported. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nd/3.0/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA. Come tutti i miei testi quest'opera è protetta da licenza CC, può essere liberamente riprodotta con qualsiasi mezzo, non a fini commerciali e senza modificarla, citando il nome dell'autrice. NO COPYRIGHT, la libera circolazione e la condivisione sono la vita della cultura....