CENNI STORICI

L’attività culturale dell’associazione ” L’Uovo di struzzo “, nasce e si sviluppa sulla base delle esperienze maturate presso lo studio di Gianni Caruso al Mulino Feyles di Torino. Il “Mulino Feyles” o “Mulino del Martinetto” costituisce uno dei primi esempi di archeologia industriale della città di Torino ed occupa una vasta superficie il cui prospetto principale si svolge nella confluenza tra le vie San Donato ed il C.so Tassoni nel territorio dove scorre la Ceronda (affluente oggi interrato della Dora), le cui acque affiorano ancora oggi all’interno del Mulino. Nel 1974 l’amministratore del Mulino, Dr. Martino Feyles, concesse a titolo gratuito a Gianni Caruso, l’utilizzo di alcuni spazi del manufatto architettonico, che era variamente occupato da piccole attività artigianali (Officine LACAR, Molatura di cristalli Volpes Castagna, etc.). La particolare natura architettonica degli spazi, il particolare clima storico, l’esplosione della avanguardia torinese, la ricerca da parte degli operatori culturali di Torino di spazi con caratteristiche museali, favorirono l’instaurarsi nel “Mulino Feyles “di una serie di attività culturali che lo resero in breve tempo il polo culturale visivo più importante della città ed in seguito centro di arti visive con caratteristiche sempre più internazionali.

Lo “studio Gianni Caruso”, nato come atelier personale, si prestava bene ad ospitare mostre ed avvenimenti culturali, essendo anche nelle intenzioni dell’artista favorire il costituirsi di una ” factory”(come ha rilevato correttamente Tommaso Trini) dove fare confluire esperienze di diversa origine e discipline tra loro non omogenee ma in grado di poter interagire. Si installarono all’interno degli spazi del Mulino, la Galleria Tucci Russo, il laboratorio di costumi teatrali “Oh Lourdes!”, lo “studio Gianni Caruso” ed in seguito l’atelier di Mario Merz e la cooperativa teatrale cittadina “Assemblea Teatro”.Nello “studio di Gianni Caruso” si incontrarono alcuni operatori che contribuirono in modo fondamentale alla nascita di situazioni culturali in seguito esportate nel mondo: Franco Torriani, Giò Dardano, Ettore Ghinassi e lo stesso Gianni Caruso.
Nel 1976 e precisamente il giorno 21 Dicembre Gianni Caruso inaugura il suo studio al Mulino Feyles con una complessa installazione frutto di un interazione tra pittura, performance, ed un film d’artista “Analisi di una memoria” il cui risultato complessivo lascia già intravedere la idea della contaminazione di varie discipline artistiche figurative. Idea non nuova certamente ma che comincia con questi impulsi a riaffiorare e a riaffermare la capacità di essere letta in un clima storico ben definito e, per fatti contingenti, certamente non facile.

Dopo una serie di incontri con artisti torinesi provenienti, a titolo diverso, da diverse situazioni (sono di quest’epoca, quella che, a nostro avviso, rimane la più bella mostra del compianto Giancarlo Pacini dal titolo “Stelle, identificazione di uno spazio”, la lettura analitica dello spazio realizzata con una mostra da Giò Dardano , la bella performance musicale di Giuliano Giuman ), si instaura l’idea di poter leggere e verificare le istanze degli operatori sia attraverso la valorizzazione di un antico manufatto industriale (dalla quale scaturirà l’idea sociale della fruibilità delle aree urbane dismesse), sia attraverso il contributo critico del pubblico che sempre più numeroso affolla le stanze del vecchio Mulino. Le esperienze che si accumulano nel frattempo vengono esportate in altre realtà territoriali di peculiari caratteristiche (rilevanti a proposito le due operazioni condotte da Gianni Caruso e Giò Dardano a Roma presso il Pantheon ed a Bologna in P.zza Maggiore).

Gli operatori del Mulino prendono in considerazione l’idea di utilizzare la tecnica dell’informazione per meglio veicolare la loro funzione e decidono di affidare ad alcuni ” eventi ” la realizzazione dei loro intenti.

I “media”, in questo particolare periodo, esercitano vieppiù il ruolo determinante di condizionatori della pubblica opinione spesso in modo acritico ed utilitaristico ma tuttavia rappresentano il luogo ideale della comunicazione; l’arte è spesso ignorata e trattata sporadicamente come fenomeno elitario eppur trascurabile.

Con una sorta di strategia invasiva vengono coinvolte le redazioni dei tre maggiori quotidiani cittadini: Stampa, Stampa sera e Gazzetta del Popolo, le nascenti radio e televisioni private R.T.A e il G.R.P. (la televisione di Chiambretti e di Alba Parietti annunciatrice), la RAI tv e le maggiori riviste; vengono invitati giornalisti, opinionisti e uomini di cultura, si cercano spazi all’interno del mondo dello spettacolo della musica, dell’industria e del professionismo, si annunciano eventi che stimolano la curiosità dei giornalisti, (quelli della cronaca s’intende) si crea insomma la sindrome dell’evento. E il primo evento giunge puntuale la sera del 17 febbraio del 1978:

La “NON STOP” si configura come una sorta di accumulazione per difetto delle esperienze, delle discipline, degli stili, maturati dagli artisti figurativi degli ultimi quindici anni. Film d’artista, performances, installazioni, pittura di superficie, sculture, vengono installate nelle sale a disposizione, da Opalka a Ciam, da Mastelloni allo stesso Caruso. Il “caos” assoluto viene regolato da un intervento con telecamere a circuito chiuso che riflettono opere e pubblico sullo schermo bianco e nero di un televisore, dove Dardano ha inscritto il modulo quadrato misurativo dello spazio del Mulino ed all’interno del quale Caruso ha dipinto un trasparente verde prato. La scansione spettacolare è data da interventi poetici e da alcuni brani musicali. Il pubblico è bombardato dall’informazione e allo stesso tempo partecipa interagendo attraverso lo strumento televisivo. Nel biglietto d’invito è stato sottolineato: invito strettamente confidenziale per + persone. All’alba si continua a discutere e si aspetta il primo articolo sulla Stampa che qualcuno va a comprare in piazza San Carlo. Si legge quella che diventerà la velina di molti altri articoli: al MulinoFeyles non si macina più grano ma cultura…..  Il risultato, il primo è stato ottenuto.

Il secondo evento non si fa troppo attendere.Muovendo dalla consapevolezza di poter indagare in diverse discipline al fine di promulgare una visione totale della cultura non distorta dalle metodologie delle categorie si tenta di inviare un messaggio forte che possa accomunare le sonorità alle espressioni del comportamento, realizzando con il concorso di tutti gli occupanti del Mulino, una serie di isole musicali che il pubblico viene chiamato a sfiorare,attraverso un percorso obbligato frutto di un’analisi dello spazio percepibile del manufatto architettonico. Il 4 luglio 1978 nasce “IN MUSIC”. 

 

 

1- Franco Torriani,  Gianni Caruso , Silvana Moiso      2- il pianista Massaglia

3 Etoile 4 – Sintetizzatori di Mario Zaramella

5- Corale “ex allievi Fiat” diretti da E.Pasteris    6- il duo Papini-Brunetti      7- cantambanchi

L’attività del Mulino (così viene definito ormai) prosegue senza sosta. Vengono invitati artisti di passaggio, si organizzano incontri, serate d’arte, mostre. Lo studio di Gianni Caruso si trasforma d’un tratto in set cinematografico:si gira. Gianni Caruso vuole sondare il mito di Orfeo, e lo fa con il concorso di tutti gli amici.
Per gli esterni c’è la sua casa di campagna di Gassino. Per la musica si scomoda uno dei migliori talenti dell’operistica italiana: Lorenzo Ferrero, la fotografia viene affidata a Giuseppe Tomasi, il supporto critico è di Franco Torriani, Euridice é una giovanissima attrice Francesca Carmeno che, prima della sua immatura scomparsa, sarà notata da Antonioni che vorrebbe scritturarla per il suo prossimo film. Il ruolo di Orfeo è affidato al mimo Jmmy Voce che girerà l’intero film ad occhi chiusi; Anteo è interpretato da Beppe Bergamasco. Il film, proiettato su due schermi in contemporanea, verrà proposto in seguito a Parigi al Festival internazionale del cinema, nella sezione di J.L.Godard, al Cabaret Voltaire di Torino, in seconda serata, dopo lo spettacolo del Living Theater, “Antigone”ed alla Expo arte di Bari. Sarà ancora al centro della personale che Caruso terrà al Museo d’arte contemporanea di Ascoli Piceno, ed alla personale di Berna presso la Galleria Lydia Megert.

Con l’Orfeo si chiude la prima fase delle esperienze maturate dal gruppo, spontaneamente costituitosi al Mulino;  al contempo si allestiscono  mostre personali di amici ed artisti via via conosciuti,Allen, Di Leo Ricatto, Rondelli,. mentre si intensificano le attività rivolte al cinema ed allo spettacolo.Ci si sposta sempre più volentieri,si esportano idee e performances, Torriani si dedica sempre più a piccoli interventi di Cabaret critico, Caruso lavora per alcune regie alla RAI, Ettore Ghinassi affianca il gruppo con la sua rara capacità di cogliere gli aspetti più raffinati e colti delle problematiche dell’arte.Un nuovo amico fa il suo ingresso tra gli operatori del Mulino : è Fabrizio Caleffi, regista ed autore teatrale che ha già al suo attivo numerosi spettacoli tra i quali “E’ arrivata la Rivoluzione e non so cosa mettermi” con Livia Cerini e che in seguito sarà attore con Strehler nel Gigante e la  Montagna.  Nel frattempo si partecipa a manifestazioni nazionali ed internazionali (Festival internazionale di arte musica e performance di Cavriago – Reggio Emilia – Gall.Pari & Dispari, Museum Metronom Barcelona, Centre Pompidou,Parigi, etc).

Durante una riunione, presenti Ketty Cacciabue, Gianni Caruso, Giò Dardano, Ettore Ghinassi, Fabrizio Caleffi, Franco Torriani, si dà nuova forma alle iniziative organizzando un Collettivo Politttico ,proprio con tre t come scriverà Torriani sul mini-manifesto apparso su Stampa sera a tutta pagina il 26 settembre 1980.

Linee operative della nuova situazione saranno: Le arti visive, affidate a Caruso, Dardano, Ghinassi. La poesia ed il teatro, affidati a Fabrizio Caleffi.  Il cinema, affidato a Torriani.

Dall’inizio degli anni 80 al 1991 l’atelier di Gianni Caruso entra nel vivo del circuito italiano degli spazi espositivi più interessanti ed allora per non tradire l’antica vocazione alla ricerca ed al possibile inserimento di giovani talenti nel circuito virtuoso dell’arte, Caruso decide di trasformare  il gruppo spontaneo costituitosi fin dagli inizi ,in una associazione non profit che sarà denominata :  L’UOVO DI STRUZZO, diretta con successo da Ketty Cacciabue.  Nel  1990  termina la permanenza dell’associazione negli spazi espositivi del Mulino Feyles  e si trasferisce   nella sede di Via Mazzini 34, dove continuerà ad operare   fino al 1998 realizzando mostre personali molto importanti per la carriera di giovani artisti  fra cui si annoverano: Antonella Mazzoni ,Corrado Bonomi, Vittorio Valente,Vinicio Momoli, Carmine Calvanese, Fausto Gilberti , Grazia Toderi . Dall’anno 2003  l’associazione  inaugura  un nuovo spazio espositivo nell’entroterra ligure a Pieve di Teco in località Trovasta  che assume la denominazione  “UOVODISTRUZZO Contemporary art Center” …… ma questa è un’altra storia che racconteremo  in altre pagine.